Gruppo
Moldvai Blanka Edina
Petriccione Roberta
Ad un certo punto abbiamo acquisito la consapevolezza dei disastri di cui siamo capaci e abbiamo capito che bisognava iniziare un percorso per limitare la potenza e la potenzialità distruttiva di tali disastri. A quel punto abbiamo ideato un’integrazione europea che, non senza sforzi, è riuscita a garantirci stabilità e pace, dimostrando come anche nemici storici possano costruire un rapporto di fiducia reciproca. Perché come nessun uomo è un’isola, allo stesso modo nessuna nazione può isolarsi e “bastare a sé stesso”.
Presi dal fervore di quello che potevamo costruire insieme condividendo risorse, valori e menti, abbiamo perso di vista la finalità. Perché se l’intesa commerciale è un mezzo, non è ciò che previene la violenza e non basta per costruire la pace. Non dobbiamo dimenticarci di continuare a coltivare la democrazia, estendere le basi della solidarietà e contribuire al rafforzamento dei diritti umani, spesso esposti a rischi di rarefazione.
Di fronte ad un ordine globale che cambia, si indebolisce, è sconquassato, si frammenta e riversa i suoi tremori sull’integrazione che abbiamo costruito, dobbiamo realizzare che quel percorso che abbiamo intrapreso non può dirsi ancora concluso. E se l’integrazione economica ne era una parte, quella politica non dovrebbe essere da meno, perché rafforzare la coesione non significa ridurre la pluralità e cooperare per la sicurezza significa anche pensare al futuro.
Il pluralismo è alla base della libertà, e la forza dell’Europa sta proprio in questo.
– Ispirato da Barbara Spinelli, Ritornare al sogno, “La Repubblica”, 13 ottobre 2012